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Formazione Clinica Permanente &

Istituto per la Clinica dei Legami Sociali
    

L’ICLeS è iniziativa di un gruppo di psicoanalisti che si sono dati la veste giuridica di un’Associazione senza fini di lucro, con lo scopo di organizzare e offrire attività di insegnamento e di formazione a chi sia interessato alle incidenze della clinica psicoanalitica nel proprio lavoro.   

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Specificità delle due formule

    

         La proposta costituita dai corsi dell’ICLeS è quindi mirata sull’Istituto - e dunque sull’abilitazione dello psicoterapeuta - solo in quanto non la si può sconnettere dalla questione d’insieme della formazione analitica e del suo riconoscimento, nel senso articolato da Freud nel 1926, nel testo sull’Analisi dei non - medici, che prendiamo come riferimento di base.
     L’Istituto ICLeS è quindi luogo di formazione per lo psicoterapeuta ad orientamento analitico lacaniano, in ottemperanza e secondo i requisiti richiesti per l’abilitazione dalla legge 56/89. Ma questo specifico approccio si corrobora perciostesso con i Corsi della Formazione Clinica Permanente, che–come detto sopra - concernono la possibilità che ciascun soggetto impegnato in pratiche relazionali e forme di cura, trovi un ambito formativo in cui articolare, approfondire, riformulare le questioni - non necessariamente psicoterapeutiche - che gli sono poste dalle varie forme di legame sociale che incontra, in una prospettiva clinica che cerchi di dar conto della complessità delle pratiche di discorso altamente differenziate, a volte conflittuali, proprie della modernità secondo quella che - con Colette Soler - potremmo definire “clinica dei discorsi”.
     E’ in questo modo che possono essere colti e trattati competentemente - dalla ‘vecchia’ psicoanalisi - i ‘nuovi’ sintomi, e non solo nel senso di un aggiornamento del suo setting, classico. Si tratta infatti di sfruttare fino in fondo le potenzialità implicate dalla scoperta di Freud, che non è una rivisitazione dell’intrapsichico - introspettivo rivisto alla luce dell’inconscio, ma la “posizione” di una modalità inedita di legame - il discorso analitico - che permette di leggere - attraverso il suo speciale apparato clinico e critico - altre modalità e appartenenze, a volte mascherate o occultate dietro i sembianti di forme della patologia, a volte incongrue oppure stranamente socializzate : la clinica delle dipendenze, quella della scolarità, quella delle mediazioni - oggi particolarmente interroganti la pratica dello psicoanalista - mostrano con evidenza, anche nelle forme sociali delle cure, che spesso l’intervento clinico non è attuato/attuabile (solo) nella stanza dello psicoterapeuta. ‘Psicoterapia’ non è coestensiva a ‘clinica’.
     Per queste ragioni la questione dell’operatore non psicoterapeuta non può non interessare la formazione.
     I Corsi della Formazione Clinica Permanente non si rivolgono quindi solo al tecnico specialista (per il quale è evidentemente cruciale un ambito di approfondimento e di rielaborazione della sua pratica) ma a chi - per le ragioni singolari che ogni soggetto può incontrare - abbia desiderio di rendere stabile - nella pratica dei legami sociali in cui opera - un luogo dove continuare a interrogarsi - e non da solo.
     La proposta della Formazione Clinica accanto a quella dell’Istituto quadriennale è in effetti il nostro modo di interrogare operativamente la legge Ossicini, che istituisce la formazione psicoterapeutica come ambito specialistico, ma senza tener conto che altre pratiche di fatto - e a volte anche di diritto - sono ‘curative’: e quindi interpellano in una tensione etica e scientifica il care - giver, il soggetto che se ne fa carico e le sostiene, tensione cui il discorso analitico può dare articolazione specifica e luogo di elaborazione.
     L’attualità lacaniana della clinica psicoanalitica - ragione vitale della proposta dell’ICLeS - consiste nella possibilità di mettere alla prova oggi la validità della clinica istituita da Freud, che da subito mette in atto un metodo, un procedimento che tiene conto di effetti discorsivi multipli (oggi variamente tradotti come circolarità, feedback, collusione, etc.) caratteristici della idea stessa di relazione. In Lacan, la sua nozione di godimento, che caratterizza originalmente la sua lettura di Freud, il suo ‘ritorno a Freud’, è un modo di dar conto di questa complessità, individuata nell’apparecchio freudiano stesso, tenendo conto di una clinica che pensa la relazione soggetto - altro non distribuita secondo una sequenzialità psicoterapeutica semplice del tipo malattia - guarigione, dispiacere - piacere, etc. Se la scoperta freudiana incontra e include la pulsione di morte, quel che mette in gioco è la “decisione” del soggetto di “cambiare discorso”.
     In questo senso anche lo psicoterapeuta abilitato – proprio perché formato - avrà da riprendere e rielaborare in modo permanente i suoi punti di arrivo. L’abilitazione in questo senso va considerata anche come punto di inizio.
     Collocandosi in questo ambito etico, scientifico e istituzionale della scuola di Jacques Lacan, l’ICLeS prevede tre tipi di partecipazione alle attività di formazione:
la Formazione Clinica Permanente (minimo biennale), accessibile a quanti intendano approfondire liberamente la loro formazione nel campo della clinica psicoanalitica;
il Corso quadriennale (Istituto ICLeS), che dà modo a psicologi e medici che intendono formarsi nella clinica psicoanalitica, di ottenere l’abilitazione all’esercizio dell’attività terapeutica, secondo le esigenze della legge.
lavori su temi specifici (Dipartimenti - Laboratori), attraverso la realizzazione di progetti, singoli seminari, conferenze, brevi interventi di approfondimento su temi attuali di clinica sociale, con presentazione e discussione di esperienze pratiche, anche istituzionali.

 
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Psicoanalisi / psicoterapia / formazione e desiderio dell'operatore

   

            L'apporto fondamentale dell'esperienza analitica all’operatore del campo terapeutico, quale che sia il suo specifico intervento, è certamente scientifico ma prima ancora etico: riguarda infatti la posizione soggettiva che l’operatore assume di fronte a colui che lo interpella, in quale desiderio si inscrive il suo operare, quali strumenti sceglie e mette in atto nell'operazione clinica che sostiene, quale cura e quale guarigione propone. 
 

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